Il Ruolo della Personalità nella Psicologia Umanistica

22.09.2025

⏱ Tempo di lettura: 6 minuti

La personalità come viaggio

La personalità non è qualcosa di rigido e immutabile. Al contrario, è il risultato di un processo continuo e dinamico, che nasce dall'incontro tra i nostri bisogni, le esperienze che viviamo e le relazioni che ci accompagnano fin dall'infanzia.

Quando veniamo al mondo portiamo con noi bisogni fondamentali: amore, nutrimento, sicurezza, appartenenza. Se questi bisogni non trovano soddisfazione, restano come delle "gestalt chiuse": forme incomplete che continuano a influenzare il nostro modo di agire e di pensare, anche da adulti.

Così, le prime esperienze con i genitori e con le figure di riferimento diventano la base del nostro senso di valore e sicurezza. Un bambino che sperimenta abbandono o regole incoerenti, ad esempio, può crescere sviluppando difese come rigidità, dipendenze emotive o difficoltà a mostrare vulnerabilità.

In altre parole: ciò che resta "aperto" in noi, continua a chiedere attenzione.


Il ciclo di contatto: come ci adattiamo al mondo

Secondo la Gestalt, ogni interazione con il mondo segue un ciclo in quattro fasi:

  1. Precontatto – ci accorgiamo di un bisogno. È come la fame che inizia a farsi sentire.

  2. Contatto – ci muoviamo verso ciò che può soddisfarlo, proprio come un bambino che si avvicina al seno materno.

  3. Contatto pieno – il bisogno viene in parte appagato, la tensione si riduce.

  4. Post-contatto – raggiungiamo l'equilibrio, ci sentiamo sazi e pronti a ricominciare.

Quando questo ciclo si interrompe o resta incompiuto, nascono le frustrazioni, i vuoti interiori e quella sensazione di "qualcosa che manca".

Quando il contatto si interrompe

Non sempre riusciamo a vivere il ciclo in modo fluido. A volte intervengono dei meccanismi di difesa che alterano il flusso naturale:

  • Confluenza: ci fondiamo così tanto con l'altro da perdere i nostri confini.

  • Introiezione: ingoiamo regole e valori esterni senza "masticarli", facendoli nostri anche se non ci appartengono.

  • Proiezione: attribuiamo agli altri emozioni o pensieri che non accettiamo in noi.

  • Retroflessione: rivolgiamo contro noi stessi ciò che vorremmo esprimere fuori (la rabbia diventa auto-aggressività).

  • Egotismo: restiamo bloccati in una ricerca senza fine, senza mai sentirci davvero appagati.

  • Deflessione: deviamo lo sguardo quando stiamo per entrare in contatto con un'emozione scomoda.

Sono strategie che impariamo presto, spesso da bambini, per proteggerci. Ma da adulti possono diventare catene che limitano la nostra crescita.

Le chiavi per ritrovare equilibrio

Come possiamo allora tornare a un contatto autentico con noi stessi e con il mondo? La Gestalt ci suggerisce quattro strumenti:

  • Restare nel qui e ora: smettere di perdersi nei pensieri sul passato o nelle previsioni sul futuro.

  • Coltivare consapevolezza: osservare con attenzione ciò che accade dentro e intorno a noi.

  • Assumersi responsabilità: scegliere attivamente come rispondere ai nostri bisogni.

  • Stare nel processo: accogliere ciò che emerge senza fretta di interpretare o giudicare.

È un cammino che non chiede perfezione, ma presenza.

La nostra personalità è un mosaico di esperienze, bisogni e relazioni. Alcune tessere restano "incomplete", altre si incastrano perfettamente. Sta a noi osservare cosa manca, riconoscere le gestalt chiuse e dare loro nuova forma.

Ogni volta che entriamo in contatto con un bisogno e lo viviamo fino in fondo, compiamo un passo verso una personalità più autentica, libera e capace di adattarsi al mondo con consapevolezza.

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